In molte situazioni aziendali un leader viene percepito tale quando ha una buona capacità di mantenere una propria coerenza e una consequenzialità tra intenti e risultati nella relazione con i propri capi. Esistono manager abilissimi a “gestire” il proprio capo e poco attenti alla gestione dei collaboratori, o viceversa orientati verso i propri riporti diretti, ma debolissimi nei confronti dei propri capi. È evidente che il leader ideale dovrebbe essere efficace su entrambi i lati, ma non è un obiettivo semplice. E allora come si mette a punto una “piattaforma programmatica” nella gestione del proprio capo? Ecco i suggerimenti di un esperto

Premesse

Provate a pensare: valutate il vostro capo come un buon leader pensando maggiormente a come vi gestisce o a come è in grado di gestire il proprio capo (o i propri capi) ?

Ho avuto modo di constatare in molte situazioni aziendali che un leader viene percepito tale quando ha una buona capacità di mantenere una propria coerenza ed una consequenzialità tra intenti e risultati nella relazione verso l’alto. Certamente ho conosciuto manager abilissimi a “gestire” il proprio capo e poco attenti alla gestione dei collaboratori, ma ancor più spesso mi sono imbattuto in manager molto orientati verso i propri riporti diretti ma debolissimi nei confronti dei propri capi. È evidente che il leader ideale dovrebbe essere efficace su entrambi i lati, ma credetemi, non è facile trovarsi in questa situazione perché proprio nella relazione con i propri capi i manager danno evidenti segnali di “scarsa leadership” nei confronti del resto dell’organizzazione. Sono evidenti e banali poi le correlazioni tra la scarsa efficacia negoziale nei confronti dei propri superiori e l’impossibilità di soddisfare le aspettative dei collaboratori (“avevo proposto un aumento al mio capo ma non me lo ha autorizzato”).

 

Questione di coerenza

Non fraintendiamo quest’ultima banalizzazione. Il problema di un capo non è (solo) quello di far avere aumenti o altri benefit ai propri collaboratori ma di mostrare coerenza tra:

 

  • insieme di comportamenti messi in atto nel contesto di lavoro;
  • l’enunciata visione di come gestire la propria struttura per perseguire i risultati attesi;
  • l’effettiva capacità di gestire la propria struttura perseguendo i risultati attesi.

 

Tale coerenza può apparire spesso compromessa proprio dalla capacità di condividere con il proprio capo quella linea di comportamento espressa nel rapporto con i collaboratori (ma anche con i colleghi).

 

Un elemento importante nello sviluppo della leadership

Se ritenete che questa premessa abbia una sua ragion d’essere, diventa importante comprendere quindi come la efficace gestione del proprio capo sia un elemento importante (e spesso trascurato) nello sviluppo della leadership ed immaginare qualche espediente per potenziare tali capacità.

Ribadiamo quindi alcune buone ragioni per lavorare su questo non banale e certamente non facile percorso di crescita manageriale:

  • denotare coerenza;
  • portare avanti le proprie idee sul “come” perseguire i risultati attesi;
  • fare proprio il “perché” di qualsiasi decisione aziendale al cospetto di collaboratori e colleghi;
  • proteggere e motivare le proprie risorse;
  • dimostrare imprenditorialità e tenacia;
  • accrescere la propria leadership e vederne riconosciuto il risultato anche dal capo stesso.

 

Un primo postulato ne discende, e cioè che non è affatto vero che semplicemente adattarsi e subire passivamente le decisioni altrui porta a un quieto vivere e alla buona considerazione del proprio operato. Un manager che voglia essere davvero leader deve perseguire gli obiettivi assegnati, gestire e sviluppare le risorse assegnate ed essere in grado di gestire con efficacia il proprio capo.

 

La relazione con il proprio capo

Prima di parlare di gestione del proprio capo occorre riflettere in merito alle relazioni in corso.

Partiamo cioè da una analisi razionale di come si configura attualmente la relazione con il vostro capo e come “vi sentite” in questa relazione (non dimenticando come gli altri la percepiscono).

Sappiamo bene che in molti casi la relazione con il proprio capo può maturare in periodi anche molto lunghi e divenire quindi apparentemente non modificabile. Certamente nel bene e nel male si instaurano percezioni reciproche che possono essersi consolidati in pregiudizi, convinzioni e approcci ricorrenti sul piano delle relazioni e dell’impatto conseguente su presa di decisioni, stile di gestione ecc. È importante considerare inoltre che il proprio capo a sua volta risponde a un suo superiore, non necessariamente così contiguo (specie in ambiti multinazionali). A volte il riporto verso l’alto fa riferimento a una pluralità di responsabili,  a comitati, consigli di amministrazione, non sempre così facilmente gestibili perché espressione di differenti aspettative, personalità, stili gestionali. Insomma la gestione verso l’alto può sicuramente assumere livelli di complessità che rendono difficili categorizzazioni di comportamenti ideali da tenere.

La relazione di subordinazione in sé infine implica un forte vincolo alla libertà e creatività espressiva che può variare anche in relazione alla cultura ed alla tipologia di azienda.

Detto tutto questo comunque la prima cosa su cui un capo deve a un certo punto soffermarsi è la relazione stessa.

 

Passare la relazione ai raggi X

Proprio sulla relazione occorre prima di tutto effettuare un passaggio ai raggi X.

La relazione può avere differenti dimensioni:

  • approccio (amichevole, informale, formale, distante, autorevole, ecc.)
  • frequenza (costante, periodica, occasionale)
  • mezzo di trasmissione (non banale: telefono, riunione, incontro individuale, whatsapp, email)
  • contenuto (andamento risultati, decisioni di business, decisioni attinenti a investimenti, decisioni su persone, altri temi attinenti alla vita in azienda, preparazione riunioni ed eventi, tematiche più personali – calcio, sport, interessi comuni, viaggi, vacanze ecc.)

 

Provate pertanto semplicemente, senza la pretesa di risalire a sofisticate tecniche di comunicazione, a riflettere e prendere nota su un foglio di carta o su un tablet di come si possa configurare la relazione che avete attualmente con il vostro capo secondo le 4 dimensioni di cui sopra.

Questa è semplicemente una fotografia oggettiva e per il momento non emotiva della relazione corrente in quanto tale.  Potete classificare questa fotografia come "AS IS".

 

Bene. È ora di chiedervi come tale relazione vi fa sentire. Come vi sentite in questa relazione ?

Provate ad immaginare queste possibili risposte e sceglietene una:

  • Mi sento a mio agio, il rapporto è fluido basato su ascolto e condivisione. Riesco quasi sempre a portare avanti le mie istanze.
  • Mi sento a mio agio, il rapporto è fluido basato su ascolto e condivisione. Riesco talvolta a portare avanti le mie istanze
  • Mi sento a mio agio, il rapporto è fluido basato su ascolto e condivisione. Riesco difficilmente a portare avanti le mie istanze.
  • Non mi sento a mio agio, il rapporto non è fluido, ascolto e condivisione sono parziali. Riesco difficilmente a portare avanti le mie istanze.
  • Il rapporto è difficile o incostante, non mi sento bene. Accetto sempre le sue decisioni e rinuncio a insistere.
  • Il rapporto è difficile o incostante ma non mi crea problemi particolari. Gli do sempre ragione, tanto è inutile-

Potete ovviamente identificare una risposta anche leggermente diversa. Ma il senso è questo.

Prendete nota sempre nell’area AS IS di come percepite tale relazione.

A questo punto c’è una possibilità non sempre facilmente esperibile (o che vi sentirete di esperire). Chiedere ai vostri collaboratori (o colleghi) come giudicano il vostro rapporto con il vostro capo. Completate la vostra AS IS con l’eventuale percezione di come i vostri colleghi vi percepiscono. A questo punto avrete impostato una piccola e razionale analisi della relazione con il vostro capo. Mancano dei contenuti importanti. Le aspettative ed il giudizio reciproco.

 

Aspettative e giudizio reciproco

In un rapporto di lavoro e in una relazione in genere ciascun interlocutore esprime (o spesso cela) aspettative ed esprime (o spesso cela) giudizi reciproci.

Lo sforzo importante che è richiesto in qualsiasi rapporto tra capo e collaboratore è avere chiare aspettative e dare feedback (non giudizi sulla persona) basati su fatti, aperti e sinceri, sempre (a livello ideale) in ottica di miglioramento.

 

Su aspettative e feedback nei confronti dei collaboratori abbiamo un prolificare di trattati in tema di sviluppo di leadership. Un po' più complesso può essere il tentativo di “forzare” (se ciò non si origina naturalmente) la condivisione della percezione che il vostro capo ha di voi e le aspettative (vere) che regolano il vostro rapporto. Ancor più difficile può essere mettere il vostro capo nel giusto stato di ascolto del vostro feedback o delle aspettative nei suoi confronti (in teoria questo fatto dovrebbe essere proprio dal capo “offerto”)

 

Per quanto riguarda la richiesta di aspettative e feedback teoricamente basterebbe farne richiesta.

Non a caso i processi di sviluppo HR prevedono periodici momenti di incontro e di feedback legati ai sistemi di performance review. Momenti formali, spesso burocratici, ben diversi dall’essere veri momenti di condivisione perché spesso “forzati”. Comunque, malgrado tutto, utili con riferimento al tema della gestione del capo.

Nel nostro esercizio a questo punto il nostro manager che vuole accrescere la propria “efficacia” nella relazione con il proprio capo deve fare un punto su l’AS IS percepito su aspettative e “giudizio”/valutazione/feedback reciproco.

 

Le aspettative possono sostanziarsi in particolare in:

  • comportamenti e attitudini attesi rispetto al ruolo e ai risultati
  • Capacità/competenze da potenziare

Il feedback dovrebbe invece limitarsi in sintesi all’evidenza di:

  • Punti di forza/aree di miglioramento
  • Valutazione risultati conseguiti
  • Valutazione complessiva dell’idoneità al ruolo e rispetto delle aspettative

 

Riepilogando questo AS IS dovrebbe riportare:

  • Aspettative del capo desunte da precedenti momenti di feedback o da richiesta ad hoc
  • Punti di forza/aree di miglioramento desunti da precedenti momenti di feedback o da richiesta ad hoc
  • Aspettative e feedback nei confronti del proprio capo effettivamente condivise in precedenti occasioni o che si vorrebbe condividere

La riflessione su aspettative e giudizio è fondamentale e ineludibile come punto di partenza per gestire al meglio le relazioni con il capo conseguendo gli obiettivi che un capo dovrebbe porsi per gestire a sua volta il proprio superiore.

 

La “piattaforma programmatica” nella gestione del capo

Passiamo dalla riflessione sull’AS IS a un piano di sviluppo e miglioramento delle relazioni e della capacità di gestione del proprio capo.

Qui non serve più di tanto analizzare psicologicamente i comportamenti del capo, ma è più utile crearsi un profilo personale come riferimento costante a cui legare coerentemente i comportamenti con il proprio capo. Tale profilo deve essere fortemente connesso alle proprie convinzioni, ai propri valori unitamente alla percezione delle finalità del proprio ruolo.

Voglio dire che è fondamentale prendere nota di cosa ci si propone di conseguire nella relazione.

Può essere utile a questo proposito delimitare una sorta di aree di confine, "zoccolo duro", entro il quale sostenere le proprie personali convinzioni su come esercitare il proprio ruolo, ovviamente accettando con intelligenza e flessibilità possibilità di confronto e anche adattamento laddove il proprio capo motivi sue differenti convinzioni.

 In termini politici/sindacali quanto sopra potrebbe assimilarsi a una “piattaforma” programmatica.

La propria “piattaforma” programmatica fondamentalmente legate alle aspettative di ruolo di cui sopra, dovrebbe derivare dalle risposte che riuscite a darvi a fronte di alcune domande da porsi:

  • Qual è il mio ruolo e a cosa mira secondo le aspettative dei miei stakeholders, capo incluso ?
  • Quali sono le mie idee “guida” nello sviluppo del business o comunque delle attività della funzione che gestisco?
  • Quali sono le mie idee “guida” nella gestione e nello sviluppo delle persone?
  • Ho delle convinzioni su temi chiave aziendali?
  • Ho idee sullo sviluppo dell’azienda (in termini di innovazione)?
  • Quali sono i punti fermi del mio percorso di sviluppo in azienda?

Questi punti programmatici costituiscono l’essenza della propria interpretazione del ruolo di manager, sono o dovrebbero essere un riferimento offerto alla percezione degli altri (il capo stesso, i colleghi, i collaboratori).  Ovviamente non possiamo pretendere di far prevalere contestualmente tutti i nostri punti programmatici. Il passaggio importante è a questo punto quello di farvi una ulteriore domanda e considerare un chiaro vincolo:

  • su quali punti della mia piattaforma programmatica sono fortemente orientato, difendendo le mie idee e sostenendole nella relazione con il mio capo (con coraggio e determinazione, prendendo anche rischi)?

 

  • Tutte le mie convenzioni vanno filtrate nel rispetto delle linee guida dettate dalle strategie, dai valori aziendali e dalle aspettative espresse dal proprio capo relative agli obiettivi connessi al ruolo a voi affidato.

Questo profilo dell’interpretazione del proprio ruolo dovrebbe essere il proprio riferimento nella gestione delle relazioni con il proprio capo.

Qui il concetto è semplice: la leadership del capo si misura nella realtà aziendale sulla sua sostanziale “tenuta” su alcuni presupposti a sua volta condivisi con collaboratori e colleghi. Torniamo al concetto espresso all’inizio, un certo livello di coerenza dimostrato nel perseguire le proprie idee va difeso nel rapporto con il proprio capo (fermo restando che le idee si dimostrino giuste o sbagliate nel riscontro con i risultati ottenuti e non a livello puramente soggettivo).

 La propria piattaforma programmatica così delineata sulla carta diventa parte integrante di un set di obiettivi che ci si propone nello sviluppo delle relazioni con il proprio capo.

La riflessione sull’AS IS in termini di relazione, di aspettative e di giudizio deve coniugarsi con la propria piattaforma programmatica e generare a questo punto un piano di azione / piano di sviluppo che consenta di agire su tutte le variabili in gioco (relazione, giudizio, aspettative).

 

 

Facciamo un esempio di una situazione AS IS su cui desideriamo intervenire. Immaginate di fissare questa sintesi:

  • le relazioni con il mio capo sono occasionali e spesso prevale un suo decisionismo anche affrettato (per ragioni di tempo).
  • nel complesso non mi sento sempre a mio agio perché percepisco una incostanza relazionale accompagnata a una fondamentale prevaricazione delle mie istanze, che faccio fatica ad esprimere.
  • il mio capo ha aspettative molto chiare rispetto ai target assegnati e si aspetta da me una fermezza nella gestione della mia struttura di vendita affrontando e risolvendo qualsiasi problematica attinente alle risorse da me gestite mantenendo una forte attenzione al contenimento dei costi ed all’efficienza.
  • il mio capo mi valuta positivamente orientato verso i risultati ma troppo morbido nella gestione delle risorse e talvolta poco efficiente.
  • sono determinato nel perseguire i miei obiettivi commerciali elevando il livello di engagement dei miei diretti collaboratori per i quali urge non tanto un riconoscimento economico ma un intenso sforzo formativo.
  • devo pertanto dimostrare al mio capo l’esigenza di un certo investimento formativo documentandone le motivazioni e soprattutto i ritorni per l’azienda.

 

Stiamo passando ad affrontare il TO BE sul piano relazionale, cosa non semplice specie laddove lo stato dei rapporti sia consolidato nel tempo.

 

I fondamenti per una nuova gestione del proprio capo

Diciamo subito quello che non si deve pretendere:

  • cambiare il capo (in tutti i sensi) ed il suo approccio
  • cambiare in modo drastico le modalità relazionali
  • arrivare alla “rottura” degli schemi semmai non soddisfacenti ma che garantiscono uno status quo
  • esigere una maggiore autononomia e potere decisionale laddove il capo per ragioni varie tende a richiedere informazione e controllo. È illusorio e in genere banale l’ostinazione sul tema della fiducia (il mio capo non si fida di me). In genere il sistema azienda non favorisce lo sviluppo di fiducia assoluta nei confronti dei collaboratori, sia pur ben valutati. Autonomia e fiducia possono generarsi in automatico se nella relazione si sbloccano alcuni meccanismi che le limitano per definizione
  • richiamarsi ai confini di ruolo ostinandosi sugli eventuali sconfinamenti del capo nella sfera della propria autonomia – ancora una volta il sistema azienda mentre ama creare ruoli per definizione li ignora se l’ansia del risultato o l’esigenza di controllo ne generano il superamento

Occorre invece:

  • cambiare il vostro modo di relazionarci al capo, in modo graduale ma costante
  • monitorare il mondo che a sua volta vi osserva, collaboratori e colleghi, chiedendo semmai (cosa assolutamente positiva) supporto per aiutarvi ad essere più efficaci
  • mantenere per quanto possibile coerenza con la vostra piattaforma programmatica, semmai enunciata a collaboratori e colleghi ma chiarendo agli stessi le difficoltà incontrate
  • fare proprie decisioni del proprio capo anche non totalmente condivise avendo esperito una sana richiesta di “perché” al di là delle argomentazioni a difesa del perimetro della propria piattaforma programmatica. Il nodo qui è essere consapevoli della necessità di coinvolgere collaboratori e colleghi fornendo di volta in volta un onesto “perché” rispetto alla decisione evitando nel modo più assoluto resistenze o negatività. In particolare occorre pensare che il livello percepito della vostra leadership decresce se screditate il vostro capo senza riuscire ad imporre la vostra linea
  • enfatizzare e fare marketing di successi ottenuti e se possibile coinvolgere il capo stesso sulla dinamica (ad esempio se insistete e forzate una decisione che si rivela foriera di risultati lusinghieri rivendicarne le modalità con le quali avete convinto il vostro capo ad ascoltarvi)
  • avere in genere molto coraggio nel difendere la propria “piattaforma programmatica” pensando a tutti i vantaggi che ne compensano i rischi

 Il cambiamento del nostro modo di relazionarci dovrà prevedere alcuni interventi partendo dall’analisi fatta sull’AS IS relazionale

agire su approccio, frequenza, mezzo di trasmissione e contenuto (vedi sopra) predisponendo in un piano di sviluppo precise azioni giornaliere da mettere in atto.

 

Esempio di possibili interventi

  • Proporre un approccio più amichevole;
  • imporsi una maggiore frequenza di interazione (senza esagerare!);
  • usare strumenti di comunicazione più efficienti del colloquio individuale (o viceversa);
  • conversare più diffusamente su tematiche amene;
  • portarsi a casa sempre una condivisione o in caso di dissenso un perché che legittimi nei confronti dei vostri collaboratori o colleghi l’affermarsi di una linea da voi non perfettamente condivisa.

 

La vostra dashboard potrebbe a questo punto combinare l’AS IS sul piano delle relazioni, delle aspettative e del giudizio con il TO BE delle stesse mettendo il tutto in relazione alla vostra piattaforma programmatica e agli obiettivi che vi siete ripromessi.

Questa dashboard può consentirvi serenamente di misurare l’evoluzione della vostra capacità di incidere verso l’alto, far migliorare in genere la relazione e non da ultimo l’apprezzamento del vostro capo nei vostri confronti.

Questo piccolo sforzo concettuale ovviamente non va preso in modo rigido, anzi proprio dalla piccola pianificazione a monte di come modificare un semmai stantio rapporto di soggezione psicologica al vostro responsabile potrete trarre spunti per adattare man mano le vostre azioni ed i vostri approcci sul piano relazionale.

La cosa più importante e qui chiudo, è che un focus di questo tipo può divenire la vera chiave per accrescere in modo tangibile la vostra leadership sia nei confronti dei collaboratori che dei colleghi che del capo stesso.

La sfida può essere in ogni caso abbordabile o difficilissima in relazione alla natura del vostro superiore ma lo sforzo è in ogni caso importante anche perché vi renderete conto di come in questo modo non state solo regolando il vostro posizionamento come leader in azienda ma contribuendo in modo decisivo allo sviluppo della cultura aziendale e (mai perderli di vista) dei successi della vostra azienda. Da protagonisti e non da yes man (o woman).

 

Nota bene

Tutto quanto detto è rivolto a manager che a loro volta “fanno” i conti con il proprio capo. Come ricordato all’inizio di questo articolo il vostro superiore a sua volta si rapporta a un suo referente con cui vive di norma tematiche relazionali non troppo distanti. Se solo il vostro responsabile fosse dotato della giusta umiltà nel riconoscere che tutti oggi necessitano aiuto per affrontare le complessità del grande cambiamento in corso, accetterebbe di buon grado il vostro supporto. Per questo a volte vi accorgerete di poter gestire meglio il vostro capo aiutandolo a vostra volta a gestire il proprio capo (o i propri). Condividendo empaticamente le stesse difficoltà è possibile trovare una comune visione per rafforzare la propria leadership personale.

 

Tommaso Raimondi, HR & Org. Dev. Consultant at Messe Frankfurt Italia / Management Consultant and coach with Zenger & Folkman, Iocap

 

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