Le aziende stanno cominciando a subire gli effetti dell’emergenza coronavirus. Ma come si gestisce la comunicazione nelle fasi di crisi? Quali sono le mosse da compiere e gli errori da evitare? I suggerimenti di un’esperta

Le aziende iniziano a subire i colpi dello spauracchio coronavirus. Ci sono quelle che stanno prospettando i rischi e le perdite causate dalla paura o diffidenza da parte dei clienti e distributori rispetto alle merci uscite dai loro magazzini italiani, le aziende con merci bloccate in dogana, quelle che non sanno come rispondere alle domande incalzanti o se ribattere ai rumors sui social, addetti alla comunicazione che devono rassicurare stakeholder e azionisti, altri che non hanno ancora trovato il modo di trattare il tema con la loro community… E infine organizzazioni paralizzate che stanno subendo perdite o ritardi, conseguenza delle ordinanze e circolari che si succedono in queste ore, costrette a navigare a vista.

Non in tutti i casi la percezione del rischio di crisi è giustificata, ma abbiamo trovato importante ribadire in un piccolo vademecum alcuni aspetti fondamentali della comunicazione di crisi, che potranno aiutarti a valutare lo stato della tua organizzazione rispetto all’allarme e a rispondere tempestivamente e correttamente.

Individuare il modello di crisi

Di solito la prima cosa da fare è individuare il modello di crisi. La crisi di solito ha i requisiti dell’eccezionalità e della maggiore esposizione e visibilità che procura il fatto. A questo si unisce una valutazione sulla responsabilità rispetto ai fattori scatenanti e possibili conseguenze. Questo ultimo punto, capire se l’abbiamo creata o la stiamo subendo, è fondamentale per capire che atteggiamento tenere.

Certo, benché da qui in avanti, poco o tanto, molte organizzazioni subiranno gli effetti dell’allarmismo (più o meno giustificato), sarà bene prepararsi ad affrontare la cosa di petto.

Ecco quindi le cose da non fare se si vuole comunicare correttamente e in modo efficace:

- Non sfogare l’emotività, ma mostrarsi pronti a trovare le soluzioni ed essere aperti alle richieste e al confronto;

- Non cercare un capro espiatorio per processi che falliscono, anche se non puoi fare nulla per contrastarli;

- Non perdere il controllo dei flussi informativi;

- Non nascondere fatti rilevanti;

- Non lasciare che la comunicazione avvenga in modo non coordinato;

- Non dire bugie o mezze verità;

- Non fare del dialogo con persone poco influenti la priorità;

- No al no comment;

- Non negare responsabilità eventuali;

- Non rimbalzare le responsabilità di azione e procrastinare la risposta a quesiti che preoccupano

- Non negare la crisi;

- Non dichiarare disinteresse per l’attenzione esterna anche se negativa (non mi importa cosa dicono gli altri, non mi importa se i clienti diffidano).

Ecco invece delle regole base per gestire, in fasi, una crisi tipo:

FASE 1. Riguarda aspetti preliminari di definizione di processi di gestione della crisi e raccolta dati. In molti casi non si arriva preparati alla crisi e non si hanno procedure predefinite da seguire, importante però non perdere di vista questi step.

  1. Identificare il rischio percepito esternamente dando attenzione a rumor, segnalazioni isolate, social, reviews peer to peer, e mail di contestazione e stabilire un processo interno finalizzato ad ottimizzare un tempestivo monitoraggio.
  2. Fare un’analisi dei rischi prospettati provando a disegnare gli scenari 
  3. Scolpire nella pietra policy interne con scopi anticrisi conosciute e condivise,interpretabili univocamente e che definiscano le responsabilità di chiunque interviene in tutta la fase di gestione. Una volta delineate, non cedere alla tentazione di lasciarle nel cassetto, bensì prepara il tuo team ad osservarle meticolosamente, se esistono é proprio perché queste situazioni di crisi e incertezza richiedono controllo. Questa parte delle procedure di precrisi si dovrebbe affrontare sempre con anticipo perché richiede tempo, ma se non lo si é fatto é necessario comprendere comunque l’importanza di rispettare processi e flussi ordinati di informazione e raccolta dati, nonché di individuare le responsabilità.
  4. Iniziare a monitorare con particolare attenzione l’azione di gruppi di influenza: Cosa dicono concorrenti, sindacati, opinion leader, organizzazioni di settore influenti, cosa diventa un trend sui social network? Valutali con imparzialità, in questo momento non devi giudicare ma raccogliere dati e informazioni.
  5. Designare: 

-un portavoce che ci metta la faccia nelle comunicazioni pubbliche e interne, definendo delle regole e una formazione smart al go public;

-responsabili del crisis team, della comunicazione e dell’ufficio stampa;

-un responsabile dell’ufficio legale;

-un responsabile della sicurezza;

-un responsabile delle risorse umane con funzioni specifiche anticrisi;

-un responsabile per ciascuno dei settori interni che risentono della crisi, ciascuno sensibilizzato alla raccolta di informazioni secondo un piano stabilito.

FASE2. Riguarda l’approccio alla comunicazione.

Ecco i to dos:

  1. identificare i target e gli stakeholder che possono essere colpiti dalla crisi di comunicazione.
  2. Identificare le fonti informative di riferimento esterne, che ci danno informazioni autorevoli che possiamo citare,e interne, che raccolgono dati sulla risposta dell’azienda e su quello che succede nei vari settori interni. Regole base: essere autorevoli, contestualizzare ogni dichiarazione con i dati in modo puntuale, non fare riferimento a fatti e informazioni che non si conoscono bene, non lasciare cadere le provocazioni. Infine, non sempre le notizie pubblicate dalla stampa sono considerate abbastanza autorevoli da mettere a tacere i dubbi dei tuoi stakeholders, fai riferimento a queste con parsimonia.
  3. Rilevare dati certi che possano aiutarti a ribattere alle domande mantenendo il controllo o contenendo il dilagare della percezione di rischio, predisponendo kit documentali accessibili per ogni target. Le Q&A in molti casi aiutano ad abbinare domande con risposte sostenute da dati.
  4. Mandare comunicazioni molto mirate e dirette ai vari segmenti di target interni ed esterni ( ad esempio in merito a continuità dei rifornimenti, ritardi ordini, ecc,) stabilendo contatti diretti e personali con i pubblici influenti e main stakeholder,o con gatekeeper relazionali importanti e micro-influencers.
  5. Definire un timing di aggiornamento delle informazioni per ogni tipo di target e le regole di gatekeeping informativo(cosa non dire?).
  6. Definire una versione comune sui fatti condivisa da tutti gli addetti ai lavori interni, che non dovranno, soprattutto, dire quello che non si sa ancora o esprimere ipotesi approssimative e non rappresentative della realtà o della posizione ufficiale dell’azienda. Importante prendere tempo, non esprimere posizioni contrastanti (anche solo parzialmente), definire temi da non trattare per non alimentare rumor inutili o nocivi.
  7. Definire canali di comunicazione straordinari interni o esterni, come un numero verde per le segnalazioni o un gruppo telegram interno per le comunicazioni tra dipendenti e HR. Tenendo sempre presente che un canale aperto equivale ad un canale in più da monitorare e conversazioni in più da moderare.
  8. Affrontare di petto l’eventuale originarsi di processi disgregativi interni dati ad esempio dalla non condivisione delle decisioni o delle policies, importante che non ricadano sulla comunicazione interna o esterna distraendo dall’obiettivo principale di scongiurare le crisi con efficienza.

Altre regole di comunicazione chiave:

-esprimere sempre partecipazione e coinvolgimento;

-individuare un solo portavoce verso l’esterno;

-rispettare gli impegni presi in termini di azioni risposta al fabbisogno informativo (della stampa, dei clienti, dei fornitori ecc);

-identificare pochi concetti chiave, facendo riferimento ai valori azienda nelle vostre risposte e decisioni;

-non dare per scontato nulla (non solo nella comunicazione) per permettere ai vostri pubblici di contestualizzare correttamente i vostri messaggi: disambiguazione!

-Spiegare con esempi e metafore per far passare concetti complessi o tecnici;

non coinvolgere terze parti autorevoli nei vostri discorsi e nelle vostre risposte se prima non le avete informate adeguatamente, le alleanze devono essere una volontà reciproca;

-definire il tone of voice del call center/numero verde e istruirlo a rettificare informazioni non corrette;

-identificare già durante la risposta alla crisi elementi comunicativi e input che possano ispirare la fase di recovery;

-per finalità anche interne, non dimenticare di redigere il documento di fine crisi, contenente tra le altre cose la cronologia dei fatti, i processi eseguiti, la valutazione delle perdite rispetto al rischio prefigurato, la configurazione delle responsabilità. Sarà uno dei documenti strategici di maggior rilevanza per la vostra organizzazione;

Regola generale e assoluta, infine, far rispettare le procedure stabilite per la gestione della crisi, senza considerarle una sovrastruttura.

Articolo di Daniela Bavuso, https://blog.makeaplan.io/

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