La sostenibilità dei processi produttivi e la responsabilità sociale d’impresa sono elementi sempre più centrali nelle attività di enti e imprese e già da anni giocano un ruolo importante nell’influenzare le scelte di consumatori e aziende. E possono rivelarsi anche fondamentali per il raggiungimento di obiettivi di core business

 La sostenibilità dei processi produttivi e la responsabilità sociale d’impresa sono elementi sempre più centrali nelle attività di enti e imprese e già da anni giocano un ruolo importante nell’influenzare le scelte di consumatori e aziende.

le Organizzazioni, con scopi di lucro e non, possono quindi fare in modo di avere un impatto sociale, diretto o indiretto, attraverso una serie di azioni che vengono pianificate e poi attuate:  offerte di lavoro alla comunità, scelte interne che favoriscano la sostenibilità antropica e l’attuazione di politiche di welfare mirate ai bisogni delle persone come singoli e come aggregate in comunità, valorizzazione della cultura del territorio che ospita l’Organizzazione, educazione e servizi alla comunità, attività di advocacy e difesa di valori etici e diritti fondamentali per la comunità.

Questa scelta, all’interno di progetti nascenti, può addirittura determinare la value proposition al punto da rivelarsi alla base del raggiungimento di obiettivi di core business.

I settori più attenti a queste dinamiche sono stati storicamente quelli che trovavano affinità tra questi obiettivi e i propri scopi primari o istituzionali, come il mondo dell’healthcare, il mondo socio-sanitario, il terzo settore, dove lo scopo primario dell’attività è effettivamente migliorare la qualità di vita delle persone e delle comunità. Oppure quelli che hanno sentito il bisogno di dichiarare le proprie buone intenzioni contro le scomode apparenze, pensiamo ad esempio all’industria del tabacco e alle enormi sponsorizzazioni per fini benefici e culturali che ancora oggi elargisce.

Altri settori hanno seguito l’esempio come le ESCo (Energy Service Company), fortemente radicate ai territori e alle comunità, le società di telecomunicazioni (che invece hanno cercato di riproporre il modello di rapporto con le comunità stabilito dalle ESCo), il mondo delle professioni ( come il mondo della Giustizia che ha riscoperto la propria missione attraverso servizi di giustizia di prossimità, o gli ordini dei commercialisti e delle professioni contabili, che ha riscoperto il proprio ruolo di affiancamento agli imprenditori e al lavoro come risorsa di crescita delle comunità), il mondo dell’educazione, della formazione e i business che si occupano dell’inserimento lavorativo, che sempre di più si affacciano a esperienze di supporto all’integrazione e alla mediazione culturale, il mondo dell’IT, con le innumerevoli innovazioni che hanno cambiato il nostro modo di esperire quasi tutto e di interagire tra di noi.

Ogni impresa può disegnare un proprio progetto che parta dalle proprie risorse (valoriali, competenze, capacità, economiche) per raggiungere un obiettivo di ricaduta sociale, anche quella che non ti aspetti:

basti pensare che una delle più grandi rivoluzioni culturali e sociali nella storia italiana ha luogo con la nascita della tv e con la crescita del settore entertainment e delle produzioni editoriali sia pubbliche che indipendenti. Un impatto che ha emancipato la cultura sociale, proponendo nuovi modelli, bisogni, stili di vita, accompagnando l’evoluzione dei valori etici e ridisegnando l’idea di benessere quotidiano e aspettativa sociale. Essere traino di cambiamento culturale e sociale e produrre beneficio alle comunità è qualcosa da intendere in senso molto ampio.

Non bisogna per forza essere un’associazione benefica per produrre benefici a livello sociale e culturale.

Anzi, probabilmente nella storia c’è chi, inseguendo obiettivi più grandi, l’ha fatto in modo molto più incisivo e determinante, se si pensa, ad esempio, che un’altra delle grandi rivoluzioni culturali italiane ha luogo con lo sviluppo di strade e autostrade moderne, che, in un certo momento storico, hanno contribuito a favorire lo scambio tra comunità e la civilizzazione di territori isolati e, nel tempo, hanno dato agli italiani sicurezza, vantaggi economici sull’acquisto delle merci, nuove abitudini come le vacanze estive, favorendo contemporaneamente lo sviluppo di un settore industriale che nel tempo ha dato lavoro a moltissime persone e pane e futuro ad altrettante famiglie collocate in tutto il territorio nazionale.

Eppure a queste dinamiche sottendevano per primi gli interessi propulsori delle industrie automobilistiche del Nord del Paese che negli anni ’50, insieme a promuovere i propri interessi e vantaggi economici fondamentali per diversi settori, si apprestavano a voler trasmettere un’immagine moderna e dinamica della società italiana all’esterno. La portata dell’impatto sociale e culturale, però, fu storica.

E sono proprio le organizzazioni che producono innovazione (non solo tecnologica) e disegnano una nuova idea di futuro, quelle che impiegano tutte le loro risorse nella realizzazione del progresso che, oggi, dovrebbero sentirsi più delle altre chiamate a disegnare la propria missione anche sulla base della propria maggiore capacità di creare benessere sociale e progresso culturale rispetto a business model già esistenti. Vale anche al contrario, saranno considerati veri innovatori, tra qualche anno, solo quelli che saranno stati in grado di coniugare la propria missione a benefici ed evoluzioni tangibili e duraturi nella vita delle persone.

La vera innovazione, inoltre, sarà sempre di più quella che, insieme a produrre benefici, ridurrà le disuguaglianze all’accessibilità della stessa.

Ogni Organizzazione dovrebbe quindi preoccuparsi di:

  • misurarela propria ricaduta sociale: misurare i risultati in termini di impatto diretto/indiretto interno all’azienda ed esterno, soprattutto locale, dedicando a questo monitoraggio processi interni specifici;
  • controllare la crescita del proprio impatto nel tempo e sui vari territori in cui opera: l’Organizzazione dovrebbe progettare la propria missione adottando una strategia che leghi competitività, impatto sociale e reputazione;
  • Iimpostare la propria comunicazione pubblica: senza comunicare o far percepire molto chiaramente le proprie azioni a beneficio della vita delle persone le organizzazioni rischiano di impiegare troppo effort per far crescere la propria reputazione e mantenerla nel tempo;
  • uscire dalla logica della strumentalizzazione, comunicando il proprio mondo di valori e scelte a beneficio delle comunità, non strumentalmente all’obiettivo di sventare crisi di comunicazione e perdite di reputazione.

I vantaggi

I vantaggi di disegnare il proprio business tenendo conto dell’impatto sociale (più o meno diretto) e di guardare con occhi nuovi all’opportunità di perseguire il bene sociale attraverso la propria attività quotidiana sono tangibili e si presentano su diversi fronti all’interno e all’esterno dell’Organizzazione:

  • clima aziendale: viene favorita la motivazione, il dialogo e il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori, con ricadute sulla produttività;
  • rapporti con la comunità locale: l’impresa attenta alle esigenze del territorio di riferimento viene percepita positivamente e contribuisce alla qualità della vita con iniziative concrete;
  • reputation e trust crescono, le logiche del gioco si ribaltano: la comunità sostiene l’Organizzazione perché ne sente il bisogno ed è orgogliosa del suo presidio sul territorio. La brand recognition nel tempo transita al territorio e alla sua comunità. La riconoscibilità può superare il livello locale e diventare subito globale;
  • relazioni con le istituzioni finanziarie: può in alcuni casi essere facilitato l’accesso alle fonti di finanziamento specie dove appare evidente una riduzione del profilo di rischio e a una accresciuta autorevolezza.

Probabilmente, chiunque si chiede se il proprio business o progetto può durare, dovrebbe chiedersi prima quanto il proprio lavoro quotidiano potrebbe contribuire a cambiare la vita degli altri.

Articolo di Daniela Bavuso, https://blog.makeaplan.io/

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