A seguito dell’emergenza Covid-19 il Governo italiano ha adottato una serie di provvedimenti che puntano da un lato a salvaguardare l’occupazione, dall’altro a fornire strumenti alle aziende per contenere il costo del personale dipendente nel periodo di sospensione e riduzione dell’attività lavorativa. Ecco le novità contenute nella Legge di conversione del D.L. “Cura Italia” e nel D.L. “Aprile” di prossima emanazione
L’emergenza Covid-19 ha sollevato complesse questioni legali per le aziende riguardanti, tra gli altri, anche gli aspetti legati al diritto del lavoro, alla gestione del personale e alla riduzione – per quanto possibile – del relativo costo. A questo riguardo, il Governo italiano ha adottato una serie di provvedimenti che puntano da un lato a salvaguardare l’occupazione (ad esempio il divieto temporaneo di licenziamento collettivo e per giustificato motivo oggettivo), dall’altro a fornire strumenti alle aziende per contenere il costo del personale dipendente nel periodo di sospensione e riduzione dell’attività lavorativa, andando oltre gli strumenti “ordinari” di integrazione salariale.
In questo contesto va collocato il Decreto-Legge n. 18 del 17 marzo 2020 e la Legge di conversione n. 27 del 24 aprile 2020, nonché il Decreto-Legge “Aprile”, di prossima emanazione, che dovrebbe prorogare i provvedimenti d’emergenza già introdotti e prevedere alcune importanti novità.
Ammortizzatori sociali
È stata confermata l’estensione – già introdotta con il Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. "Decreto Liquidità") – delle misure per la cassa integrazione ordinaria (CIGO) e l'assegno ordinario, ai sensi degli articoli 19 e 22 del Cura Italia, anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020.
In sede di conversione, l’art. 19 comma 2 ha visto una importante riscrittura che vede l’abolizione della consultazione sindacale anche con la procedura snella prevista nel decreto. Ne consegue che l’accesso a queste misure non solo non è sottoposto alle normali regole procedurali e ai limiti di durata disciplinati dal D.lgs n. 148/2015, ma non è neanche richiesto l’avvio della rapida consultazione con le organizzazioni sindacali.
Lo stesso criterio di snellezza e celerità ha determinato l’importante modifica dell'articolo 22 e della cassa in deroga disciplinata al suo interno. È stato infatti precisato che l’accordo sindacale non è necessario non solo per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, ma anche per tutti quei "datori di lavoro che hanno chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Sempre per la cassa in deroga è stato inoltre precisato che per i datori di lavoro con unità produttive situate in più regioni o province autonome il trattamento può essere riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Altre due ipotesi di cassa integrazione
Nella conversione vengono introdotte altre due ipotesi di cassa integrazione, per i datori di lavoro con sede nei comuni della ex "zona rossa" (allegato 1, DPCM 1 marzo 2020), nonché per i datori che non hanno sede in questi comuni, limitatamente ai dipendenti residenti in quelle zone. Per i datori di lavoro in questione è stato esteso il trattamento di integrazione salariale per un massimo di altri 3 mesi. Inoltre, per le Regioni della Lombardia, Emilia e Veneto è prevista una cassa in deroga ulteriore, di massimo 4 settimane, sempre destinata ai datori di lavoro citati sopra.
Proroga dei contratti a termine e di somministrazione
Altra importante novità è la possibilità, per il datore di lavoro che ha avuto accesso agli ammortizzatori sociali, di prorogare i contratti a termine e i contratti di somministrazione, in deroga all'articolo 20, comma 1, lett. c) e all'articolo 32, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Per mantenere la stabilità occupazionale e favorire proroghe e riassunzioni a tempo determinato, è stata ammessa la deroga anche all'articolo 21, comma 2, del medesimo decreto legislativo, che prevede che qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato.
Il Governo sta lavorando alla definizione del decreto di prossima emanazione, che dovrebbe prevedere una estensione degli ammortizzatori per ulteriori 9 settimane, fino al 31 ottobre 2020, a cui potranno fare ricorso anche i datori che sono costretti a sospendere o ridurre le attività per impossibilità dei lavoratori di recarsi al lavoro a causa di provvedimenti di divieto di allontanamento dal proprio territorio e dell’obbligo di permanenza domiciliare.
Malattia
La Legge di conversione conferma l’equiparazione a malattia del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva certificata, ribadendo che l’assenza per malattia non è computabile ai fini del comporto (principio che di norma si applica quando la malattia è imputabile al datore di lavoro). Riferimento che, unito alla presunzione introdotta dall’Inail che la malattia Covid è presuntivamente imputabile al datore di lavoro, lascia aperti molti dubbi, soprattutto pensando a una stagione di possibili azioni di regresso.
Licenziamenti
La legge di conversione conferma il divieto già disposto nel “Cura Italia” precisando che la sospensione per 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto non riguarda le impugnazioni ma i licenziamenti. Si tratta di una modifica semantica che non muta la sostanza del provvedimento e conferma il divieto di procedere a licenziamenti collettivi e individuali di natura oggettiva. Il testo di conversione però precisa che il divieto non si applica qualora il personale interessato dal licenziamento sia impiegato nell'ambito di un appalto cessato e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto medesimo.
Il decreto di prossima adozione dovrebbe prorogare il divieto in esame per altri 3 mesi, prevedendo anche la possibilità per i datori di lavoro di revocare i licenziamenti già disposti nel periodo tra il 23 febbraio ed il 17 marzo 2020, con contestuale richiesta di cassa in deroga dalla data di efficacia del licenziamento e ripristino del rapporto di lavoro.
Nulla viene precisato in merito ai rapporti di lavoro dirigenziale, di cui anche il prossimo decreto non farà probabilmente menzione (con implicita esclusione di tali rapporti dal divieto in esame).
Congedi
Nessuna sostanziale modifica è stata apportata alla disciplina dei congedi da lavoro per i lavoratori che hanno la necessità di assentarsi per accudire i figli. Per quanto riguarda, invece, l'aumento dei giorni di permesso usufruibile ai sensi della l. n. 104/1992, viene precisato che il personale delle forze di polizia, dei Vigili del Fuoco, delle Forze armate e della Polizia Penitenziaria e, per le città metropolitane, della polizia locale, potrà godere di questi giorni di permesso compatibilmente con l’esigenza di garantire i servizi e le attività legate all'emergenza, così come previsto per il personale sanitario.
Il decreto di prossima emanazione dovrebbe prevedere l’aumento sino a 30 giorni del congedo per i lavoratori con figli sino a 12 anni, per il periodo dal 5 marzo al 30 settembre 2020, mentre gli ulteriori 12 giorni di permesso ex lege 104/92 saranno previsti anche per i mesi di maggio e giugno.
Lavoro autonomo
Anche la disciplina dell'indennità per i lavoratori autonomi non ha subito modifiche, anche se il Governo sta discutendo sull’estensione del provvedimento (ad oggi previsto per il solo mese di marzo) anche ad aprile e maggio, con alcuni correttivi sui beneficiari.
Per i liberi professionisti titolari di partita IVA e per i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata INPS, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali, il nuovo decreto potrebbe prevedere un’indennità per il mese di maggio di 1.000 euro.
Smart Working
La Legge di Conversione ha poi ulteriormente esteso, sino alla fine dell'emergenza epidemiologica, il diritto di alcune categorie di lavoratori a usufruire del regime di lavoro in "smart working", includendo, oltre ai disabili o coloro che assistono familiari disabili ai sensi della l. n. 104/1992 (ferma restando la compatibilità con la prestazione lavorativa), anche coloro che sono immunodepressi ed i loro familiari. Sul punto, si rileva la genericità della norma, che non definisce in maniera precisa i lavoratori beneficiari. Si auspica un chiarimento per evitare conflittualità derivanti da scarsa chiarezza.
Articolo dello Studio Legale Tonucci & Partners, Dipartimento Lavoro
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