In questa fase critica legata alla diffusione del coronavirus il lavoro agile, svolto in parte in azienda e in parte a casa, è diventato ancora più d’attualità. Ma quali sono le caratteristiche di questa particolare modalità di rapporto di lavoro subordinato? E quali modifiche sono state introdotte in seguito allo stato di emergenza? La parola all’esperto.

Lo Smart Working è una particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, disciplinata dall’art. 18 e ss. della L. n. 81/2017 (Jobs Act). La finalità di incrementare la competitività delle aziende e, per i dipendenti, agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ha motivato l’introduzione del lavoro agile.

Caratteristiche del lavoro agile

Il lavoro agile possiede alcune importanti peculiarità. Il lavoratore presta la propria attività in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno degli stessi, senza una postazione fissa. La prestazione di lavoro è resa senza precisi vincoli di orario, ma nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Vige un principio di parità di trattamento dei lavoratori agili rispetto ai lavoratori che esercitano l’attività esclusivamente all’interno dell’azienda. In base alla legge, è necessario un accordo scritto tra le parti, con cui viene disciplinata l’attività lavorativa svolta all’esterno. L’accordo serve per regolare il potere direttivo del datore di lavoro e le modalità di esercizio della prestazione lavorativa, i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative che assicurino, comunque, al lavoratore il cosiddetto “diritto alla disconnessione”. Non solo, la forma scritta è indispensabile ai fini della regolarità amministrativa della procedura e della prova del rapporto di lavoro agile con il dipendente.

Nello scenario attuale, caratterizzato dall’emergenza Coronavirus (Covid-19), si sono susseguiti, a partire dal 23 febbraio 2020, provvedimenti urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza: dapprima il DPCM del 23 febbraio 2020 rivolto ai Comuni della cosiddetta “zona rossa”, poi il DPCM del 24 febbraio 2020, che ha esteso il campo applicativo del precedente provvedimento, e, infine, il recentissimo DPCM del 1° marzo 2020, il quale prevede l’applicazione del lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla L. 81/2017. Tale disposizione è stata confermata nel successivo DPCM del 4 marzo 2020.

Ma cosa dice la norma?

L’art. 1 lett. n) del DPCM del 4 marzo 2020 dispone: “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (sei mesi), dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all'art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.

La durata dello stato di emergenza

La delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 indicava in sei mesi la durata dello stato di emergenza in   conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

Il DPCM del 1° marzo 2020, che ha sostituito le disposizioni di cui ai DPCM del 23 e 25 febbraio 2020, così come il successivo DPCM del 4 marzo 2020 è pertanto un atto dal valore transitorio.

L’assenza degli accordi individuali

Il DPCM del 4 marzo 2020, in un crescendo rispetto ai precedenti DPCM sostituiti, giunge a escludere, nel periodo di emergenza, la obbligatorietà dell’accordo scritto con i dipendenti ai quali viene applicata la modalità di lavoro agile. In buona sostanza, lo smart working potrà essere oggetto di una decisione unilaterale del datore.

I precedenti DPCM (23 e 25 febbraio), infatti, così interpretati dal Ministero del Lavoro, disponevano che, nella procedura telematica, l’accordo individuale con il dipendente potesse essere sostituito da un’autocertificazione attestante la provenienza del lavoratore da una delle zone a rischio (www.lavoro.gov.it). Pertanto, salvo una precisa nota esplicativa da parte del Ministero del Lavoro, sul punto sembra non essere necessaria nemmeno l’autocertificazione.

Vantaggi per gli imprenditori

Nella situazione di emergenza attuale, il lavoro agile è uno strumento in grado di agevolare l’attività imprenditoriale, consentendo ai lavoratori di non recarsi in azienda, esponendosi al rischio del contagio, prestando comunque la propria attività lavorativa dall’esterno.

Tuttavia, è preferibile prestare particolare attenzione alle indicazioni e ai chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro per applicare il lavoro agile senza commettere irregolarità amministrative nella fase di comunicazione telematica di avvio dello smart working.

Articolo degli Avv.ti Nicola Spadafora e Lorenzo Maratea, Studio Legale Tonucci & Partners

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