In genere, in caso di cambio-appalto, gli imprenditori devono attenersi alle "clausole sociali" che prevedono che l'azienda che subentra assuma gli addetti di quella uscente. Nuovi risvolti, però, emergono da una sentenza recente della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano che ha fatto il punto anche sull’incidenza dell’art. 2112 c.c..
Una sentenza recentissima della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha affrontato un tema che è da tempo all’attenzione sia della giurisprudenza sia della dottrina: quello del confine fra i casi di cosiddetto cambio-appalto e quelli di trasferimento d’azienda. Si tratta di una decisione decisamente ben argomentata che sottolinea in modo condivisibile le prerogative dell’impresa in un campo in cui tanto il dettato delle “clausole sociali”, quanto quello dell’art. 2112 c.c., sortiscono l’effetto di comprimere in modo oggettivo la libertà dell’imprenditore.
Infine, la pronuncia ha avuto il merito di approfondire i profili ora menzionati con riferimento a un settore “caldo” come quello della logistica e, ancora più in particolare, in relazione al campo del “corriere espresso”.
Le clausole sociali
Di regola, la cessazione di un appalto pone il problema della sorte dei lavoratori che (alle dipendenze dell’appaltatore) vi sono addetti. Per ovviare al problema, i CCNL hanno coniato le cosiddette “clausole sociali”; queste ultime, imponendo all’impresa che subentra l’assunzione dei lavoratori dell’impresa che lascia, hanno nei fatti stabilizzato i livelli occupazionali in moltissimi settori, fra cui quello della logistica che ha visto la propria “clausola sociale” modificata con l’Accordo di Rinnovo del 3 dicembre 2017. Parliamo dell’art. 42, la cui formula non brilla per chiarezza in quanto fa, sì, salva l’“autonomia organizzativa apicale dell’azienda subentrante”, ma non chiarisce quali siano effettivamente le posizioni apicali.
La sentenza del Tribunale di Milano ha fatto piena luce sul significativo margine di manovra lasciato all’imprenditore che subentra. Nella lettura resa dal Tribunale milanese, l’imprenditore è infatti considerato libero di “riservare i ruoli di vertice ai propri dipendenti” e, quindi, di puntare su risorse su cui riponga fiducia, senza essere obbligato ad assumere chi, nella struttura del soggetto uscente, svolgeva funzioni di tipo amministrativo. Apicale non sarà, quindi, solo il dirigente o il quadro, ma, più in generale, chi (anche da impiegato) si trovi a svolgere funzioni di controllo e coordinamento.
L’art. 2112 c.c..
La sentenza ha escluso anche l’applicazione dell’art. 2112 c.c., ossia la norma che nei casi di trasferimento d'azienda impone al cessionario l’assunzione “senza se e senza ma” dei lavoratori del soggetto cedente.
Bisogna notare che l’art. 29 del d.lgs. 276/2003 riconosce un certo margine di sovrapponibilità fra i casi di cambio appalto e trasferimento d’azienda, situazione che, specie nel campo delle lavorazioni labour intensive, è rilevantissima.
Nella sentenza, il Tribunale di Milano ha chiaramente affermato che perché non vi sia un’ipotesi di trasferimento di azienda è fondamentale che l’impresa che subentra dia prova di organizzazione autonoma e di oggettiva discontinuità rispetto alla gestione del fornitore uscente. Nel caso in esame, quello di un fornitore attivo nel campo del “corriere espresso”, il Tribunale ha ritenuto soddisfatto questo onere della prova sulla base della soddisfacente dimostrazione di una oggettiva “rottura” fra la gestione del soggetto uscente e quella del subentrante.
Qualche avviso ai “naviganti”
In un settore in cui i mezzi di trasporto assumono un “carattere determinante ed essenziale”, sarà importante per l’imprenditore che subentra dimostrare di non averli ereditati dalla precedente gestione o dalla committenza, ma, allo stesso tempo, sarà decisivo evidenziare novità gestionali e tecniche di portata tale da provare di avere introdotto una nuova e specifica metodica funzionale al conseguimento del risultato questo riguardo, mentre è decisamente inopportuno ricalcare il layout dell'organizzazione del soggetto uscente, è da considerare prudente una certa rimodulazione dei giri fra i diversi driver, se non altro per evitare che al cospetto del Giudice del Lavoro possa risultare fondata l’idea che la conoscenza da parte di ciascun driver della zona di assegnazione possa rappresentare un know how tale da trasformare un gruppo più o meno nutrito di autisti in una vera e propria azienda e ciò indipendentemente dal peso dei beni strumentali impiegati dal fornitore. Decisiva, infine, una corretta gestione della fase sindacale che precede il passaggio dei dipendenti. Risulta fondamentale che il subentrante vi giunga con una chiara conoscenza dei profili delle risorse del soggetto uscente e che sappia adeguatamente “mettere sul tavolo” le proprie esigenze, sia in termini di rispetto dell'“autonomia organizzativa apicale”, sia in termini di rilevanza di eventuali modifiche tecniche e tecnologiche frattanto intervenute (ad esempio, l'introduzione di lavorazioni labour saving), sia, infine, sul terreno delle modifiche alle condizioni contrattuali da parte della committenza: anche queste potrebbero giustificare la decisione di non assumere parte della forza lavoro del soggetto uscente.
Articolo degli Avv. Nicola Spadafora e Lorenzo Maratea, Tonucci & Partners
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